Per approfondire il significato del Sinodo riportiamo uno stralcio della riflessione del vescovo Claudio, nella celebrazione eucaristica con l’Indizione del Sinodo diocesano, 16 maggio 2021.
Sinodo è anche preghiera. È la preghiera, in comunione con la preghiera sacerdotale di Gesù, di saper camminare insieme, arricchiti dalle nostre usanze e ma anche andando oltre, superando le nostre resistenze e vincendo presunzioni e individualismi. È preghiera di invocazione: «che siano una cosa sola!». Preghiera che assomiglia a quella dei poveri, di coloro che invocano da Dio giusti-zia e dignità, senza pretese perché sono poveri; le invocano come Grazia. Sinodo è speranza. La speranza si accende quando ci si sente chiamati a raggiungere una meta impegnativa, alta, bella; quando ci si aspetta qualcosa di più, quando si possiedono beni che si desidera condividere con le persone a cui si vuole bene. Questa speranza è dell’intera comunità dei battezzati che è composta anche da presbiteri, da diaconi, da consacrate e consacrati, dalle diverse ministerialità e carismi presenti nel popolo di Dio; e che percepisce il pericolo della dispersione, della frantumazione e che desidera orientarsi anche comunitariamente secondo la volontà di Dio Padre. Il Sinodo nasce dal desiderio del Vescovo di rendere possibile la strada del futuro e della missione. Strada da percorrere tutti insieme, ognuno con il suo carisma, «avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace», al servizio di tutti coloro che il Signore ama. È tempo quindi di una sintesi ecclesiale che permetta di guardare al futuro “insieme”, con un rinnovato coraggio; anzi con un rinnovato entusiasmo. È venuto il tempo di favorire il futuro e di an-dargli incontro mettendoci in ascolto dello Spirito del Signore Risorto. |
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Questa parola viene dal greco “camminare insieme”. Il vescovo Claudio ha chiamato tutti noi ad un grande cammino di riflessione, ascolto, racconto e sogno per il futuro, che durerà alcuni anni e punta al rinnovamento del modo di essere Chiesa.
Il Sinodo è un’esperienza ecclesiale e spirituale.
Ecclesiale perché l’essere Chiesa implica sempre la disponibilità a camminare insieme. Significa condividere una visione, una prospettiva che ci attrae e individuare le tappe e le modalità (processi) che attivino un cambiamento duraturo ed efficace. In questo senso “Chiesa” e “Sinodo” sono sinonimi.
Spirituale perché è un’esperienza ispirata dallo Spirito Santo e conserva, pertanto, un margine ampio di apertura e imprevedibilità, caratteristiche dello Spirito, che soffia e va dove vuole. Per questo si utilizza l’espressione “celebrare il Sinodo”, perché di fatto significa riconoscere l’azione dello Spirito che accompagna sempre la nostra Chiesa.
Sinodo significa il diritto e il potere di parola affidato a tutti.
La capillarità del Sinodo, caratterizzato dall’atteggiamento dell’ascolto, permette ad ogni credente e battezzato di portare il proprio contributo di pensiero. Ogni parola, che mette in circolo l’esistenza di ciascuno e il Vangelo, è preziosa, è un dono che rinnova e qualifica il discernimento dell’intero popolo di Dio.
Sinodo significa scegliere insieme.
Il Sinodo intende attivare dei processi di cambiamento frutto di ascolto e di discernimento. Il Sinodo non guarda solo le questioni immediate, ma rivolge il suo sguardo a ciò che siamo chiamati a diventare nel medio-lungo periodo. Nelle grandi sfide e questioni che interpellano tutti, decidere e scegliere insieme è garanzia di fedeltà al Signore e di comunione. Il Sinodo, pertanto, vorrebbe attivare processi di cambiamento, che coinvolgano tutti i soggetti ecclesiali e che permettano di
annunciare, oggi e qui, la gioia del Vangelo.
La Cresima e la Prima Eucaristia dei nostri amici dell’Anno dei Sacramenti sono i grandi doni che li abilitano a una vita cristiana a tutto tondo. In modo sportivo potremmo dire: è terminato l’allenamento e ora comincia la partita della vita cristiana che li porta a far vincere il bene sul male, in ogni momento, in ogni situazione, in ogni contesto. La settimana scorsa abbiamo evidenziato l’importanza del ruolo della comunità cristiana come grembo vitale per la nascita e la crescita nella fede creando un ambiente favorevole per i nostri ragazzi. Non meno strategico abbiamo presentato il ruolo dei genitori e della famiglia per aiutare a concretizzare una vita che profuma di vangelo e che si ispira allo stile che Gesù e che ci ha insegnato l’ amore a Dio, il Padre, e al prossimo, visto come fratello e sorella. In queste righe vogliamo invece mettere a fuoco la rilevanza fondamentale, per la crescita integrale di ogni ragazzo, dell’esperienza di gruppo. Nell’ambito catechistico, la fase post-sacramentale l’abbiamo chiamata “Fraternità”. E’ un tempo nel quale si approfondiscono i doni di grazia ricevuti nella Prima Eucaristia (amicizia con Gesù) e nella Confermazione (dono dello Spirito Santo). In questo senso, con una parola difficile, potremmo parlare di ‘mistagogia’. Vuol dire accompagnare i ragazzi a portare nella vita i doni ricevuti nella fede nel momento sacramentale. Per esempio alimentare un’amicizia con Gesù facendolo diventare il punto di riferimento (top model) della propria vita, ispirando atteggiamenti e scelte a quelle che troviamo nel Cristo dei vangeli. Inoltre imparare una confidenza quotidiana con la presenza dello Spirito di Dio che, se invocato, può aiutarci e insegnarci a fare bene ogni cosa: volere bene, ascoltare chi ci è accanto, consigliare chi sta sbagliando, incoraggiare le persone sconsolate e tristi, perdonare chi ci ha fatto del male, essere di aiuto a chi è nel bisogno, ecc. Tutto questo ha bisogno di un ambiente vitale adeguato che potremmo chiamare una palestra di vita: ecco la funzione del gruppo di catechesi che continua dopo la recezione dei sacramenti, la Fraternità appunto. E’ uno spazio di incontro, accompagnato da alcuni amici più grandi (educatori) che aiutano i ragazzi a mettere in pratica, insieme, i valori cristiani imparati, in un sostegno reciproco. La Fraternità diventa un luogo di relazioni e di condivisione che aiutano i ragazzi a fare una esperienza concreta di chiesa.
Il Signore è sempre generoso con noi e i doni sacramentali che molti ragazzi della nostra comunità stanno ricevendo ne sono una conferma tangibile. Questo sabato gli amici del discepolato hanno ricevuto l’abbraccio della misericordia del Padre attraverso il sacramento della riconciliazione. Innescare una dinamica di perdono dentro la nostra vita è di importanza vitale, direi rivoluzionaria per le relazioni e le possibilità di bene che questo favorisce. Imparare a perdonare come il Signore ci perdona immette nella nostra vita quotidiana una carta vincente che ci può aiutare in tante situazioni di stallo o perfino di conflitto. Sentiamo che questa esperienza fa bene ai piccoli e ai grandi, ai ragazzi e agli adulti, percependo, guardandoci attorno, che l’atteggiamento perdonante della misericordia sembra perdere terreno nella nostra società sempre più giustizialista e intollerante. E il prossimo fine settimana un altro grande doppio segno che il Signore pone a favore dei ragazzi dell’Anno dei Sacramenti: ricevere il dono dello Spirito che dà la forza di fare il bene e vivere la Prima Eucaristia nella comunione con il Signore assieme a tutta la comunità credente. Cresima e Comunione sono Santi Segni del Signore che introducono ancor più nell’amicizia con Dio e nel suo amore con e per noi. L’augurio è che i nostri ragazzi percepiscano la grandezza e la bellezza di questi doni che accendono la nostra fede, alimentano la nostra speranza e ci danno la forza di vivere nell’amore reciproco. Sono le virtù teologali che ogni cristiano riceve nel Battesimo e che crescono con la grazia dei Sacramenti che si ricevono nella nostra vita. Sentiamo che la nostra parrocchia è coinvolta con l’esempio e la preghiera perché se Dio ci è Padre, la comunità cristiana è ‘madre’ che ci genera e ci fa crescere nella fede, cioè nella relazione con il Signore che continua a manifestarsi ‘dove due o più si riuniscono nel suo nome’. Pure le famiglie di questi ragazzi hanno un ruolo bello e importante: di accompagnamento, di incoraggiamento perché i loro figli vivano con gioia questi momenti ‘graziosi’ del Signore e possano portare frutto nella loro vita. Tutto il percorso di catechesi sottolinea il ruolo strategico dei genitori che continuano ad essere i punti di riferimento fondamentali dei loro figli e i primi educatori (catechisti) della fede delle nuove generazioni. Li vogliamo sostenere perché sentano che la comunità continua a camminare assieme e accanto a loro.
La sinodalità, il camminare insieme è una vocazione fondamentale per la Chiesa, e solo in questo orizzonte è possibile scoprire e valorizzare le diverse vocazioni, i carismi e i ministeri. Al tempo stesso, sappiamo che la Chiesa esiste per evangelizzare, uscendo da sé stessa e spargendo il seme del Vangelo nella storia. Infatti, «in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr Mt 28,19). Ciascun battezzato, è un soggetto attivo di evangelizzazione» (Evangelii gaudium, 120). Bisogna guardarsi dalla mentalità che separa preti e laici, considerando protagonisti i primi ed esecutori i secondi, e portare avanti la missione cristiana come unico Popolo di Dio, laici e pastori insieme. Tutta la Chiesa è comunità evangelizzatrice.
La parola “vocazione” non va intesa in senso restrittivo, riferendola solo a coloro che seguono il Signore sulla via di una particolare consacrazione. Tutti siamo chiamati a partecipare della missione di Cristo di riunire l’umanità dispersa e di riconciliarla con Dio. Ciascuno di noi è una creatura voluta e amata da Dio, per la quale Egli ha avuto un pensiero unico e speciale, e questa scintilla divina, che abita il cuore di ogni uomo e di ogni donna, siamo chiamati a svilupparla nel corso della nostra vita, contribuendo a far crescere un’umanità animata dall’amore e dall’accoglienza reciproca. Siamo chiamati a essere custodi gli uni degli altri, a costruire legami di concordia e di condivisione, a curare le ferite del creato perché non venga distrutta la sua bellezza. Insomma, a diventare un’unica famiglia nella meravigliosa casa comune del creato, nell’armonica varietà dei suoi elementi. In questo senso ampio, non solo i singoli, ma anche i popoli, le comunità e le aggregazioni di vario genere hanno una “vocazione”.
Quando parliamo di “vocazione”, pertanto, si tratta non solo di scegliere questa o quella forma di vita, di votare la propria esistenza a un determinato ministero o di seguire il fascino del carisma di una famiglia religiosa o di un movimento o di una comunità ecclesiale; si tratta di realizzare il sogno di Dio, il grande disegno della fraternità che Gesù aveva nel cuore quando ha pregato il Padre: «Che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Ogni vocazione nella Chiesa, e in senso ampio anche nella società, concorre a un obiettivo comune: far risuonare tra gli uomini e le donne quell’armonia dei molti e differenti doni che solo lo Spirito Santo sa realizzare. Sacerdoti, consacrate e consacrati, fedeli laici camminiamo e lavoriamo insieme, per testimoniare che una grande famiglia umana unita nell’amore non è un’utopia, ma è il progetto per il quale Dio ci ha creati. (Papa Francesco)
Ancora riconoscenti per l’esperienza pasquale vissuta, gustata, celebrata e condivisa nella comunità, volgiamo lo sguardo in avanti, sostenuti dalla luce incoraggiante del Signore Risorto.
In realtà, l’incalzare di avvenimenti straordinari sta interrogando seriamente e su più fronti la nostra fede. Ci ritroviamo coinvolti in eventi che sconvolgono l’andamento solito della storia e destabilizzano gli equilibri di benessere materiale, psicologico e spirituale: una crisi economica, le ondate migratorie, una pandemia ed ora una guerra.
E quando ci si trova alla resa dei conti, le domande di senso alzano la mano e interrogano la nostra coscienza. Facciamo appello al nostro sapere, all’esperienza, al buon senso, alle opinioni degli esperti, al parere dei tecnici, al confronto… e anche alla fede.
È in questi momenti che scorgo il mio credere accompagnato da tanti “ma”. Congiunzioni avversative che racchiudono le risposte più spontanee e culturalmente consolidate.
Credo nel Dio della provvidenza ma “meglio una gallina oggi che un uovo domani”, credo nel Dio dell’amore, ma non c’è spazio per tutti; credo nel Risorto, ma la malattia e la morte non hanno senso, credo al Dio della pace, ma la guerra ha le sue leggi.
Nei momenti cruciali, posso sperimentare che credo nel Dio della Vita, ma la mia fede non serve a questa vita. E allora posso lasciarla da parte, oppure posso decidere di usare tutti i “ma” e tradurli da risposte compiute a realtà dubbiose, che accompagnate dall’inquietudine della fede mi permettono di fare verità nei miei pensieri e di orientare alla carità le mie azioni.
Gli avvenimenti straordinari possono, più di ogni altro tempo, essere provvidenza di conversione per trovare anche le risposte della fede alle domande della vita, e possono farci sperimentare la concretezza della nostra fede per noi stessi, nelle relazioni interpersonali e in quelle sociali, politiche ed economiche.
Ecco perché, dopo una quaresima di guerra, che ancora imperversa, vogliamo celebrare assieme il tempo pasquale di quest’anno in compagnia del Dio della pace affinché dispieghi un serio dialogo tra le risposte del mondo e le ragioni della nostra fede.
Il tuo pianto, o Madre, smuova i nostri cuori induriti. Le lacrime che per noi hai versato facciano rifiorire questa valle che il nostro odio ha prosciugato. E mentre il rumore delle armi non tace, la tua preghiera cidisponga alla pace. Le tue mani materne accarezzino quanti soffrono e fuggono sotto il peso delle bombe. Il tuo abbraccio materno consoli quanti sono costretti a lasciare le loro case e il loro Paese. Il tuo Cuore addolorato ci muova a compassione e ci sospinga ad aprire le porte e a prenderci cura dell’umanità ferita e scartata.
Santa Madre di Dio, mentre stavi sotto la croce, Gesù, vedendo il discepolo accanto a te, ti ha detto: «Ecco tuo figlio» (Gv 19,26): così ti ha affidato ciascuno di noi. Poi al discepolo, a ognuno di noi, ha detto: «Ecco tua madre» (v. 27). Madre, desideriamo adesso accoglierti nella nostra vita e nella nostra storia. In quest’ora l’umanità, sfinita e stravolta, sta sotto la croce con te. E ha bisogno di affidarsi a te, di consacrarsi a Cristo attraverso di te. Il popolo ucraino e il popolo russo, che ti venerano con amore, ricorrono a te, mentre il tuo Cuore palpita per loro e per tutti i popoli falcidiati dalla guerra, dalla fame, dall’ingiustizia e dalla miseria.
Noi, dunque, Madre di Dio e nostra, solennemente affidiamo e consacriamo al tuo Cuore immacolato noi stessi, la Chiesa e l’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina. Accogli questo nostro atto che compiamo con fiducia e amore, fa’ che cessi la guerra, provvedi al mondo la pace. Il sì scaturito dal tuo Cuore aprì le porte della storia al Principe della pace; confidiamo che ancora, per mezzo del tuo Cuore, la pace verrà. A te dunque consacriamo l’avvenire dell’intera famiglia umana, le necessità e le attese dei popoli, le angosce e le speranze del mondo.
Attraverso di te si riversi sulla Terra la divina Misericordia e il dolce battito della pace torni a scandire le nostre giornate. Donna del sì, su cui è disceso lo Spirito Santo, riporta tra noi l’armonia di Dio. Disseta l’aridità del nostro cuore, tu che “sei di speranza fontana vivace”. Hai tessuto l’umanità a Gesù, fa’ di noi degli artigiani di comunione. Hai camminato sulle nostre strade, guidaci sui sentieri della pace. Amen.
(Consacrazione a Maria)
O Maria, Madre di Dio e Madre nostra, noi, in quest’ora di tribolazione, ricorriamo a te. Tu sei Madre, ci ami e ci conosci: niente ti è nascosto di quanto abbiamo a cuore. Madre di misericordia, tante volte abbiamo sperimentato la tua provvidente tenerezza, la tua presenza che riporta la pace, perché tu sempre ci guidi a Gesù, Principe della pace. Ma noi abbiamo smarrito la via della pace. Abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali. Abbiamo disatteso gli impegni presi come Comunità delle Nazioni e stiamo tradendo i sogni di pace dei popoli e le speranze dei giovani. Ci siamo ammalati di avidità, ci siamo rinchiusi in interessi nazionalisti, ci siamo lasciati inaridire dall’indifferenza e paralizzare dall’egoismo. Abbiamo preferito ignorare Dio, convivere con le nostre falsità, alimentare l’aggressività, sopprimere vite e accumulare armi, dimenticandoci che siamo custodi del nostro prossimo e della stessa casa comune. Abbiamo dilaniato con la guerra il giardino della Terra, abbiamo ferito con il peccato il cuore del Padre nostro, che ci vuole fratelli e sorelle. Siamo diventati indifferenti a tutti e a tutto, fuorché a noi stessi. E con vergogna diciamo: perdonaci, Signore!
Ricorriamo dunque a te, bussiamo alla porta del tuo Cuore noi, i tuoi cari figli che in ogni tempo non ti stanchi di visitare e invitare alla conversione. In quest’ora buia vieni a soccorrerci e consolarci. Ripeti a ciascuno di noi: “Non sono forse qui io, che sono tua Madre?” Tu sai come sciogliere i grovigli del nostro cuore e i nodi del nostro tempo. Riponiamo la nostra fiducia in te. Siamo certi che tu, specialmente nel momento della prova, non disprezzi le nostre suppliche e vieni in nostro aiuto. Abbiamo urgente bisogno del tuo intervento materno. Accogli dunque, o Madre, questa nostra supplica. Tu, stella del mare, non lasciarci naufragare nella tempesta della guerra. Tu, arca della nuova alleanza, ispira progetti e vie di riconciliazione. Tu, “terra del Cielo”, riporta la concordia di Dio nel mondo. Estingui l’odio, placa la vendetta, insegnaci il perdono. Liberaci dalla guerra, preserva il mondo dalla minaccia nucleare. Regina del Rosario, ridesta in noi il bisogno di pregare e di amare. Regina della famiglia umana, mostra ai popoli la via della fraternità. Regina della pace, ottieni al mondo la pace. |
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