Siamo nel cuore del cammino verso il Natale del Signore, occasione da non perdere perché sia anche un nuovo natale per la nostra vita e per il cammino di fede. Se Natale è nascita, accogliamo l’ invito che ci viene da Dio per rinascere alla speranza, per rinnovare la carità, per far spendere nuovamente la stella della fede, affinché i nostri passi non siano al buio o mossi dalla paura e dalla rassegnazione. Avviciniamoci al Dio Bambino per innalzare la nostra umanità al Divino. E’ necessaria la nostra disponibilità alla conversione del cuore e delle opere, per fare nuovo lo stile della vita, più semplice ed essenziale, più fraterna e di pace. In una parola più specchio e riflesso del Vangelo di Gesù. Allora sarà vero il Natale, questo Natale 2022.
In questa seconda domenica di Avvento, le letture bibliche convergono nel consegnare un messaggio centrato sulla figura del Messia. Il Messia è colui su cui si posa lo Spirito di Dio con i suoi doni; Gesù è colui che, secondo la parola della Scrittura, ha adempiuto le promesse di Dio fatte ai padri, è il Messia che battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Lo Spirito Santo rivela il Messia, le sacre Scritture lo profetizzano e lo confermano e il profeta lo addita, orientando a Lui. Questo dinamismo si compie nella vita spirituale dove lo Spirito, le Scritture e un uomo o una donna di Dio preparano ad accogliere il Signore, re di giustizia e di pace che viene a riscattare ogni povero che chiede aiuto. Meditando allora la parola di Dio, attraverso la figura di Giovanni il Battista, siamo invitati a cogliere il significato della venuta del Signore nella nostra vita. Il precursore del Messia, nella vita come nella morte, è da Gesù definito come “il più grande tra tutti i nati di donna”, prepara le strade al Messia e invita ad accoglierlo in quanto è colui che giudica il cuore delle persone. Per accogliere il Messia è fondamentale scorgere i germogli di speranza che stanno nascendo anche da situazioni apparentemente sterili. Ma è anche necessario ascoltare la sua voce attraverso le sacre Scritture perché lo Spirito agisca nella nostra vita e operi la conversione utile per la salvezza. Anche noi siamo chiamati a preparare la strada al Signore, creando le condizioni indispensabili per essere raggiunti da colui che viene. A Monsignor Hiboro, che accogliamo con gioia nella nostra Comunità di Villafranca in questa domenica nella S. Messa delle ore 11.00 e nell’incontro pomeridiano delle ore 16.00, il nostro fraterno benvenuto e la nostra gioia di averlo tra noi, come figlio, fratello, amico e Vescovo. Metterci in suo ascolto, sia un dono per il cammino verso il Natale; a Lui chiediamo di aiutarci a cogliere i germogli di speranza che stanno nascendo nella sua terra, nelle comunità a cui sta donando la vita nell’amato Sud Sudan. Questa visita ci permette di incontrare Gesù, senza andare a Betlemme, ma mettendoci con disponibilità in comunione con la vita dei nostri fratelli del Sud Sudan. Il prossimo viaggio di Papa Francesco ci riempie di gioia e speranza perché sorga l’alba della pace.
Carissima comunità cristiana di
Villafranca,
desidero far giungere a tutti voi il mio personale ringraziamento.
Mi sento circondato da molta comprensione, affetto e gioia e questo fa bene al cuore e a questi miei primi passi con voi.
Don Giuseppe, caro fratello per noi tutti, mi ha passato il testimone per continuare il cammino come comunità fraterna che seguendo il suo signore Gesù, vive la bellezza della vita buona del vangelo e diventa
profezia di quell'umanità nuova di cui il mondo ha bisogno. Conto su ciascuno/a di voi: aiutatemi ad aiutarci a vivere uniti, concordi e nella gioia di rispondere con generosità al nostro battesimo. Come ho detto
domenica scorsa alla presenza del Vescovo Claudio, vengo con umiltà e a cuore aperto, per essere in mezzo a voi, fratello, padre e prete di Cristo. Conto anche sulla vostra preghiera per me. Voi tutti già abitate la
mia.
don Francesco
E' l’ultima volta che raggiungo le vostre famiglie con queste righe che da undici anni entrano nelle vostre case. Era diventato un appuntamento famigliare per me che ogni fine settimana (o quasi) occupava mente e cuore per tessere i fili di una vita parrocchiale che ha camminato con il tempo ed è cresciuta negli anni: gli appuntamenti salienti di una comunità; nomi e storie, dall’aurora al tramonto della vita; inviti a partecipare alle feste e a momenti di preghiera; il fare memoria di proposte di crescita e di incontro. Riconosco la preziosità di questo semplice strumento, utile a comunicare e a condividere, mezzo concreto per sentirsi parte di una famiglia allargata che condivide “gioie e speranze, tristezze e angosce (cfr. Gaudium et Spes, 1, Concilio Vaticano II) di tanti fratelli e sorelle, uniti non solo dalla vicinanza fisica e geografica ma soprattutto dall’ orizzonte di speranza e di carità che offre la stessa fede in Gesù Cristo morto e risorto per la nostra salvezza. Una presenza viva quella del Signore che qualifica ogni azione e iniziativa della comunità cristiana e sento che è stato così anche per la nostra parrocchia in questi anni. Attraverso il Foglietto 7 Giorni, aggiornato ogni anno nelle immagini della prima pagina per sintonizzarci con le scelte pastorali della chiesa diocesana, abbiamo cercato di accompagnare il cammino cristiano delle persone e delle famiglie, dei piccoli e dei grandi, dei giovani e degli anziani. Mi ha sempre fatto un certo che, tutte le volte che entravo nelle vostre case, vedere sul tavolo o sulla credenza, l’ultima copia del nostro foglietto, segno di una presenza, garanzia di vicinanza, sostegno amico di memoria e di compagnia. Non a caso tutti i numeri editati annualmente vengono puntualmente archiviati perché raccontano la nostra storia, anche quella di questi ultimi 11 anni, che i nostri posteri potranno leggere e magari riconoscere ‘radici’ del loro presente. E’ il momento, per quanto mi riguarda, di passare il testimone, ma per una testimonianza che continua, attraverso i passi di una comunità che procede nel camminare, assieme al suo nuovo pastore, don Francesco Frigo. Nella staffetta 4 per 100 il testimone è un pezzo di legno che dice la continuità tra l’inizio e la fine della corsa. Per noi il testimone è il tesoro della fede che ci è stato consegnato e che abbiamo cercato di custodire insieme in questi anni; ora siamo chiamati a continuare la nostra testimonianza in modo nuovo, vivo e gioioso. Vi porto nel cuore.
Don Giuseppe
Colgo l’occasione di evidenziare una bella e significativa coincidenza: il vangelo che noi proclamiamo ogni anno in occasione della domenica delle feste patronali dedicate alla Madonna delle Grazie nel contesto del nostro amato Santuario –le nozze di Cana (Gv 2, 1-11)- è lo stesso che è stato scelto per la celebrazione del grande evento sinodale della nostra diocesi. Per questo vogliamo riproporlo con un breve commento che illumini il senso di questa scelta e guidi anche la nostra attiva e convinta partecipazione. Riportiamo il testo:
Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Gesù invita i servitori a riempire d’acqua le anfore. Sarà Lui a trasformare l’acqua in vino, ma a noi il compito di raccogliere l’acqua, di preparare quanto desideriamo che venga trasformato dallo Spirito, dagli occhi della fede, dal discernimento della Chiesa. Il gesto umile di riempire pazientemente di acqua le anfore, affidato ai servitori, può essere un’immagine dell’invito che Gesù fa a ciascuna persona che si trova a essere parte della “festa di nozze” del Sinodo, cioè dell’incontro tra il Vangelo e il nostro tempo che questa esperienza ecclesiale intende compiere. La preparazione personale è la paziente raccolta di acqua, di parole, di idee, di approfondimenti che ognuno è invitato a compiere prima, durante e dopo i momenti di ascolto, dialogo, confronto che costituiscono il cammino del Sinodo.
Buoni passi, con la testa e il cuore, a tutti.